In questa puntata ci immergiamo nel mondo di Hollywood, parlando di come viene rappresentata l’AI nell’ultima pellicola di Tom Cruise.
Settimana scorsa, io e la mia dolce metà, Silvia, siamo andati a vedere “Mission Impossible: Dead Reckoning – Parte 1”.
In “Dead Reckoning“, l’Entità è in grado di manipolare la realtà, distorcendo le informazioni a tal punto che sembra che le stia creando dal nulla. Immagina di avere in mano una mappa del tesoro, solo per scoprire successivamente che l’Entità l’ha cambiata e la classica X segna un bellissimo vicolo cieco.
Una volta compresa la portata della minaccia, i governi iniziano ad andare in panico. Arrivano addirittura al punto di stampare tutti i documenti che fino a quel momento erano stati digitalizzati, in un tentativo disperato di proteggere le informazioni cruciali dalla manipolazione dell’Entità. In altre parole, si ritorna indietro nel tempo, dalla tecnologia digitale all’analogica. Una mossa che esprime la paura di affidarsi a documenti digitali che potrebbero essere stati manipolati senza lasciare traccia.
Questa scelta cinematografica mi sembra appropriata. Se un’entità così potente avesse preso il controllo, è probabile che il panico si diffonderebbe rapidamente, e le soluzioni sarebbero altrettanto estreme. Il problema è che, se un’IA di tale potenza dovesse agire, è probabile che saremmo tutti all’oscuro fino a quando non fosse troppo tardi.
Quindi secondo me ci sarebbe veramente ben poco da stampare, ad ogni modo capisco la scelta hollywoodiana, quello di cercare di immettere nello spettatore un senso di ansia:
Dobbiamo assolutamente trovare un rimedio perché questa cosa è talmente potente che prima o poi non ci sarà più modo di sapere se una cosa è vera o meno
In “Dead Reckoning”, il team di Ethan (Tom Cruise) cerca di aggirare l’Entità tornando alle comunicazioni analogiche. questo accade subito dopo una scena memorabile dove Tom Cruise, pardon, Ethan e il suo team si ritrovano a comunicare con un’intelligenza artificiale che fornisce direttive sbagliate al mitico Tom che corre per le calli di venezia un po a casaccio per colpa di questo sabotaggio da parte dell’AI.
Bene, all’interno del film salta fuori una chicca tecnologica affascinante – la riscoperta dell’antico charme dell’analogico. E non sto parlando di tirare fuori il vecchio giradischi o scattare foto con la Polaroid. No, parlo di usare radio a onde corte invece delle super sofisticate radio digitali. Secondo Hollywood, se un’intelligenza artificiale ti dà la caccia, rifugiarsi nel vecchio mondo dell’analogico potrebbe essere la mossa vincente.
Insomma, ci dicono che l’analogico è come un bunker nel cuore della digital valley. E a pensarci, non sembra nemmeno una cattiva idea, no? Ma, prima di dare una standing ovation a Christopher McQuarrie (Il regista di Dead Reckoning), cerchiamo di capire meglio cosa stia succedendo qui.
Ricordate la TV analogica? Quella vecchia cara TV che, nonostante una tempesta di grandine, continuava a trasmettere, sebbene con un’immagine un po’ più nebulosa del solito? Oggi, con il digitale, se ci scappa un lampo, ci ritroviamo a guardare uno schermo nero. Ecco, questa è una delle grandi differenze tra analogico e digitale.
Ma mettiamola così: se volessimo sabotare una comunicazione digitale, basterebbe, in linea teorica, sovrastare il segnale originale con uno più potente. Stiamo ovviamente semplificando e d’altronde, il nostro Tom Cruise non va in giro con delle radio giocattolo comprate al supermercato!
Ma l’analogico, ah, l’analogico è un’altra storia. Pensate a un ristorante affollato. Per farsi sentire, si alza la voce, ma le parole vengono sempre accompagnate da quel brusio di fondo che non si può eliminare. Ecco, l’analogico è proprio così.
Quindi il team decide di passare, come già detto poco fa, alle radio analogiche…
La domanda sorge spontanea: avrebbe l’IA successo nel sabotare anche la comunicazione analogica? Probabilmente no, perché se cercasse di alzare il volume, il brusio di sottofondo la tradirebbe immediatamente, avvisando Ethan che c’è qualcosa di losco. Quindi, pare che Hollywood non sia poi così fuori di testa.
Ma proseguiamo….
All’idea di una intelligenza artificiale che ha fatto di internet il suo salotto, non possiamo fare altro che concedere un po’ di plausibilità. Allo stesso tempo, ciò apre uno scenario atterrante: l’ipotesi che ogni angolo del cyberspazio, ogni computer del pianeta, sia diventato un involontario ospite di questa invasiva intelligenza artificiale. Pensateci un attimo, tutti questi sistemi informatici, tutti questi processori, sfruttati senza pietà per servire gli insondabili scopi dell’IA!
Beh oddio, non proprio insondabili e oscuri.
E’ un po il cuore pulsante della trama, un punto di non ritorno che porta con sé tutta la tensione del film: il possibile spegnimento, o addirittura la totale distruzione, dell’IA. Da una parte Ethan è fermamente deciso a farla finita con questa presenza minacciosa dall’altra L’IA, però, è ben consapevole delle sue intenzioni e non ha intenzione di andare dolcemente nel buio della notte, anzi! Con una mossa da vero scacchista, inizia a sfruttare la sua impressionante potenza di calcolo per analizzare tutti gli scenari futuri possibili, effettuando interventi precisi nel presente per modificare il corso del domani. Una strategia che potrebbe ricordare quella adottata da Doctor Strange con la sua Gemma dell’Infinito in Avengers.
Allora, mettiamoci comodi e immergiamoci in un mondo in cui le super intelligenze non solo esistono, ma sono pure desiderose di perpetuare la loro esistenza. A prima vista, tutto fila liscio come l’olio, vero? Ma, aspettate un attimo… E se questa IA inizia a prendere decisioni che sembrano quasi sicuramente controproducenti?
Sì, è quel momento, il momento del colpo di scena. Uno dei personaggi umani non proprio dalla parte dei buoni, in un certo qual modo allacciato all’entità, sfoggia un gadget alla moda, un po’ stile Apple Watch, che viene utilizzato dall’IA per comunicare con lui.
In un crescendo di tensione, l’IA gli ordina di fare un salto pazzesco – e anche un po’ suicida – da un treno in corsa in un preciso istante. E perché mai, vi chiederete voi? Per salvarlo ovviamente!
Ma qui, amici miei, ci imbattiamo in un piccolo… anzi, diciamolo, un grosso problema. Se analizziamo attentamente, ci rendiamo conto che l’IA, con il suo unico e ossessivo obiettivo di massimizzare le sue chance di sopravvivenza, avrebbe guadagnato di più se questo “cattivo” avesse fatto una brutta fine.
Beh, ma d’altronde, cosa ci aspettiamo? Hollywood deve pur darci motivo di attendere con ansia la seconda parte, no?
Ritornando al nostro tema principale, l’idea di “previsione del futuro” e di sfruttamento del cosiddetto effetto farfalla non è affatto nuova sul piccolo schermo. Pensate a Person of Interest, la serie televisiva che ruota proprio intorno a questi due concetti chiave.
Ecco un bel pensiero da masticare. Una superintelligenza con accesso a potenze di calcolo come quelle dipinte nella pellicola in questione potrebbe davvero manipolare gli eventi attuali per cercare di spingere la storia verso un futuro specifico.
Adesso, fermiamoci un attimo, e rendiamoci conto che tutto questo, per il momento, appartiene più al mondo della fantascienza che a quello della realtà. Siamo qui a giocare con le idee, a immaginare l’immaginabile, a prendere delle libertà narrative enormi per incastrare ogni pezzetto di questo puzzle intellettuale.
Tra le altre cose, prendiamo per buona un’assunzione abbastanza audace: che una vera super intelligenza artificiale possa diventare un nemico per noi. E qui, amici ascoltatori, potremmo aprire un dibattito che durerebbe ore e ore, giorni e giorni. Ma se volete sapere la mia opinione, beh, non penso che un’eventuale super intelligenza sintetica assomiglierebbe a quella del film.